Versione per la stampa Il dovere di un figlio verso il padre.pdf
Per parlare del dovere di un figlio verso il padre, dobbiamo per prima cosa capire il significato di padre e di figlio.
La parola di DIO ci dà un’informazione in uno dei suoi comandamenti ed è quello di onorare i propri genitori. Sicuramente in questo studio non sto e non voglio parlare del rapporto tra un padre e un figlio naturali ma, con l’aiuto di DIO, voglio esprimere il concetto, il valore ed il rispetto che ci deve essere tra un padre spirituale e un figlio spirituale e per questo voglio affidarmi alla parola di DIO in tutto il suo contesto riguardante questo soggetto.
Mosè sotto la guida di DIO chiamò Giosuè (il nome originale era Hoshea = salvezza e Mosè gli cambiò il nome con Yehoshùa = Gesù) come suo collaboratore e il SIGNORE lo consacrò (vedi Numeri 27:15,23). Da quel momento Giosuè segui Mosè e ubbidiva agli ordini dati da Mosè. Fu il suo aiutante silenzioso e ubbidiente. Salì insieme a Mosè sul monte Sinai e aspettò Mosè per quaranta giorni e altrettante notti (leggi Esodo 24:13,18), possibilmente digiunò anche lui come Mosè, si schierò sempre dalla parte di Mosè, rimanendo fedele anche quando gli altri non lo erano, vedi le 12 spie, incoraggiava il popolo quando questi era scoraggiato.
Giosuè aveva riconosciuto la vera autorità che DIO aveva dato a Mosè e, chi rimane sotto l’autorità, a sua volta anche lui sarà rivestito di autorità. Per tutto il tempo viene sempre definito come aiutante di Mosè, solo verso la fine della sua vita, come è scritto in Giosuè 24:29 viene definito servo del SIGNORE (il motivo di questa discrepanza è dovuto solo perché Giosuè doveva dimostrare fedeltà al SIGNORE rispettando e mettendo in pratica la legge di Mosè). Secondo lo storico Giuseppe Flavio, Giosuè aveva circa 35 anni in meno di Mosè il che ci fa pensare che fu molto devoto e rimase accanto ad un uomo maturo scelto da DIO. E’ stato davvero grande Giosuè perché, per tutti i 40 anni, fu e rimase fedele a Mosè e dopo continuò ad essere un vero condottiero, portando il popolo di DIO a conquistare la terra promessa e per tutto il tempo della sua vita il popolo rimase fedele a DIO. Giosuè è un figlio spirituale veramente da imitare.
La storia di Elia e di Eliseo (il suo significato è DIO è salvezza) è altrettanto significativa del rapporto che ci deve essere tra un padre spirituale e un figlio spirituale. Vediamo nella chiamata di Eliseo (leggi 1Re 19:19,21) come offre a DIO un sacrificio, lascia tutto ciò che poteva essere d’ impedimento, arrendendosi completamente per il servizio di DIO, rimane come l’ombra di Elia,seguendolo giorno dopo giorno e si mette sotto la sua tutela (nota: essere sotto autorità vuol dire essere e rimanere sotto la tutela di colui che si è preso l’impegno di difenderti).
Eliseo rimane al servizio di Elia per tutto il tempo stabilito da DIO. Eliseo è il servo fedele che ogni ministro vorrebbe avere al suo servizio, che poi non è altro che il servizio di DIO, lo chiama padre ed Elia lo protegge come un padre protegge un figlio. Tutto questo suo comportamento lo portò, a sua volta, a ricevere autorità da parte di DIO. Eliseo parlò con autorità e udiva la parola di DIO direttamente da DIO, mise tutta la sua personalità nel lavoro verso DIO, era integro ed incorruttibile (cioè non corruttibile perché chiamato da DIO così. Per noi il prezzo del nostro riscatto non è oro o argento ma il prezioso sangue di GESÙ, pertanto tutto quello che è stato comprato con i soldi può essere corrotto ma non chi è stato comprato con il sangue di GESÙ). Eliseo visse in uno spirito di vittoria e di visione spirituale, la sua morte fu vittoriosa (2° RE 13:19), fece molti miracoli tra i quali:
inoltre risuscitò un ragazzo, guarì Naaman, l’ascia che ritorna a galla, colpisce di cecità i nemici, ecc…
Il suo ministerio durò circa 56 anni, dall’anno 852 A.C. all’anno796 A.C.. Muore durante il regno di Ioas, 12° RE d’Israele. Tutto ciò è la conseguenza dell’ubbidienza alla parola di DIO e ai suoi servitori (perché non si può ubbidire, o meglio dire io ubbidisco solo a DIO, se poi non metto in pratica la parola di Dio). Ubbidite ai vostri conduttori, siate sottomessi ai vostri conduttori, ecc….
Anche nel nuovo testamento troviamo dei veri figli spirituali che sono stati di grande aiuto ai ministri preposti da DIO. GESÙ stesso fu circondato da veri collaboratori; entrando sotto la tutela di GESÙ Egli provvedeva per loro in un modo stupendo, sia materialmente che spiritualmente, li proteggeva da ogni tipo di attacco, li istruiva per dare a loro, a suo tempo, la Sua autorità. E quella ricevettero!!! Il segreto di questo grande risultato era l’ubbidienza ai suoi insegnamenti e la loro completa sottomissione a LUI.
Molte volte viene detto “io sono sottomesso solo a DIO o a GESÙ e non a l’uomo”. In questo potrei essere d’accordo ma solo in parte. Se riconosciamo che un uomo è posto in un’opera da DIO, e siamo sottomessi a GESÙ, bisogna essere sottomessi anche a quello che DIO ha costituito. Altrimenti viene violata la parola di DIO e se uno non si sottomette alla volontà di DIO in questa terrà non sarà sottomesso all’autorità neanche quando sarà nel cielo.
Timoteo, nato in Asia Minore da padre greco e madre ebrea. Nella Bibbia troviamo i nomi della nonna e della mamma, rispettivamente Loide e Eunice, (leggi 2° Timoteo 1:5). Si converte a CRISTO nel primo viaggio di Paolo e fu scelto da Paolo come suo compagno per il 2° viaggio missionario e lo circoncise (Atti 16:3).
Viene definito dall’apostolo Paolo “mio figlio spirituale", attraversò tutta l’Asia Minore insieme a Sila e Paolo. Fu mandato da Paolo alla chiesa di Tessalonica, allora nascente o meglio dire giovane, per avere notizie e per confermarla nella fede (1° Tessalonicesi 3:1-2). Collaborò nell’evangelizzazione di quella città (2° Corinzi 1:19).
Nel terzo viaggio missionario lo ritroviamo ancora insieme a Paolo (leggi Filemone 1:1 e Filippesi 1:1). Paolo gli diede fiducia e responsabilità, lo mando in Macedonia, insieme ad Erasto (Atti 19:22), poi a Corinto per portare una lettera raccomandando di accoglierlo con amore (1° Corinzi 4:17 e 16:10-11). Subì il carcere per l’evangelo (Ebrei 13:23). Le ultime notizie di Timoteo ce le dà Eusebio che, nella sua storia eclessiastica, dice che Timoteo fu vescovo della chiesa di Efeso e che fu lapidato per aver contrastato pubblicamente il culto al dio dioniso. Le sue spoglie si trovano nella cattedrale di Termoli provenienti da Costantinopoli (nel restauro fu trovata una lapide che recitava in latino anno del Signore 1.239, qui giace il corpo del beato Timoteo discepolo del beato Paolo).
Sicuramente possiamo ancora parlare di Tito, Onesimo e tanti altri che troviamo nella parola di DIO. Tutto questo deve farci riflettere perché, per poter avere autorità, prima bisogna essere sottoposti all’autorità.
Ci sono persone che, come Jonathan figlio del re Saul, pur amando Davide ed essendogli molto amico, preferì tornare alla vita mondana piuttosto che seguire quello che lui stesso aveva riconosciuto come il successore di suo padre. Questo ci fa capire che, a volte, pur amando GESÙ non lo amiamo abbastanza da lasciare il nostro io, ci ribelliamo alle autorità preposte da DIO e non sottostiamo alla Sua parola. È facile dire io faccio la volontà di DIO e mi sottometto solo a DIO e non a l’uomo. In questo dimentichiamo che la parola di DIO ci impone non ci consiglia. Ci impone di sottometterci ai nostri conduttori (Ebrei 13:7-17) perché sono degni di doppio onore (1° Timoteo 5:17), i membri di chiesa devono ascoltare e agire secondo la guida dei loro conduttori, riconoscendo e sottomettendosi alla parola di DIO nei loro conduttori. La sottomissione è un atteggiamento del cuore e non una posizione di schiavitù, e coloro che si sottomettono volenterosamente all’autorità del pastore sono sotto la tutela del conduttore. Ciò porta loro grande benedizione e, a loro volta, realizzano e ricevono in cambio autorità.
GESÙ stesso desidera che la chiesa ascolti la Sua parola, attraverso i pastori o predicatori, prendendola seriamente (Romani 10:15-17 e 1° Tessalonicesi 2:13) perciò, quando noi ci stiamo sottomettendo ai nostri pastori, in realtà ci stiamo sottomettendo a DIO stesso.
Dobbiamo cercare di essere una gioia e non un peso per i nostri pastori, siamo chiamati a pregare per loro e per la loro famiglia (Romani 15:30), mostrare loro rispetto e il dovuto riconoscimento (1° Tessalonicesi 5:12-13).
DIO ci benedica.
Pastore Emanuele Manticello